Il Gruppo Tattico CI.MA.
Siamo a novembre del ´75. La prima Scuola SDI di Aulla ha ormai aperto i battenti ad aprile. Sono gli Arditi Incursori ad addestrare i maró SDI , alcuni dei quali vengono destinati a proteggere le linee ferroviare tra Firenze e Arezzo, dando il cambio ai Maró del San Marco, nel Gruppo Tattico CI.MA.
Riviviamo quei giorni, gustando l’avvincente racconto del Caporale della Folgore Pier Carlo Capozzi che ringraziamo sentitamente.
Buona lettura.
QUELLO SPLENDIDO DICEMBRE CON GLI INCURSORI
Era una mattina grigiastra di fine novembre, anno 1975, e fui chiamato nell’ufficio del mio capitano: eravamo appena rientrati entrambi da una licenza e avremmo presto condiviso un momento di autentica arrabbiatura all’interno della Caserma dell’Esercito “De Gennaro” di Forlì.
Succedeva infatti che fossi stato aggregato ad Arezzo e la notizia, allontanandomi ancor più da casa, non mi faceva felice. E così insieme ad altri due caporali trasmettitori ci caricammo addosso tutto quello che ci avevano consegnato in dotazione e prendemmo la bellezza di tre treni (Forlì-Bologna, Bologna-Firenze e Firenze-Arezzo) per raggiungere la nostra destinazione.
La sera dell’arrivo in Toscana, da una sede Sip non lontana dalla caserma, telefonai a casa per avvisare dello spostamento ancora più a sud e ricordo che mio padre cercò invano di farmi coraggio.
Ancora non potevo sapere che avrei trascorso ad Arezzo il mese più bello di tutta la mia ferma. Un periodo di grande impegno, di azione, di vita accanto a colleghi di estrazione militare diversa, ma dai quali imparare e con cui scambiare esperienze straordinarie.
Quell’anno il nostro esercito aveva subìto profondi cambiamenti, sia formali (sparì l’orribile cappotto invernale, entrò la mimetica verdone, si cominciò ad uscire in borghese) che sostanziali con l’accorpamento di alcuni reggimenti.
Fu così che noi, da fanti della “Trieste” col basco cachi, diventammo fanti della “Folgore” col basco nero.
La caserma Cadorna, ad Arezzo, era dell’Esercito, ma noi facevamo parte di un Gruppo Tattico denominato “Ci.Ma” (da “Cielo”, la Folgore, e “Mare”, cioè i marò SDI e gli Incursori “Teseo Tesei” di stanza al Varignano): insieme formavamo una specie di sottobranca dell’Antiterrorismo.
C’erano stati infatti, negli anni appena precedenti, attentati sui treni (tremendo quello dell’Italicus a San Benedetto Val di Sambro, il 4 agosto 1974, con 12 morti e 48 feriti) e c’era quindi da pattugliare la linea ferroviaria tra Firenze e Roma.A noi spettavano i punti sensibili (gallerie e ponti) prima e dopo la stazione di Arezzo.
Le cose, in caserma, funzionavano così: la Marina metteva i vertici (Comandante e i vice) e gli SDI che uscivano , gli Incursori erano 4 e si occupavano della logistica, la Folgore (prima di noi i parà) fornivano il cosiddetto “caporale di giornata”,
Si montava di servizio un giorno si e uno no, ma gli Incursori facevano anche tre giorni e tre giorni (per poter andare a casa) e noi caporali li seguimmo nell’idea. Quando si era di servizio, c’era in campo metà del Gruppo Tattico e l’altra metà riposava. I trasmettitori svegliavano me, caporale in servizio, ed io svegliavo gli SDI di turno. Con qualche difficoltà perché si coricavano col passamontagna e il maglione
A dicembre c’era così freddo che non ho mai capito come facesse l’acqua a non gelare nei tubi. Facevamo la doccia calda ai bagni pubblici, nei giorni di franchigia, davanti alla caserma, al di là dei giardinetti.
Dopo la sveglia, colazione e partenza per le varie postazioni in cui fare la sentinella. Gli Incursori si riconoscevano dalla tuta mimetica e dal basco verde. Qualcuno indossava, in uscita, una tuta azzurra con la scritta Italia sul petto. I marò (praticamente i primissimi SDI) avevano il famoso berretto “a pizza” e si riparavano dal freddo con un maglione a dolce vita verdone scuro sotto la divisa d’ordinanza. Prima di ogni guardia distribuivo loro la “razione K”, contenente cioccolato, cordiale, marmellata, fiammiferi, latte condensato e altro ancora. Ma era una dotazione che non riscuoteva un successo planetario.
Ricordo bene anche le vicissitudini sul rancio: essendo, la nostra, una caserma dell’Esercito, e noi “ospiti”, venivamo trattati malissimo.
Una volta decisi di intervenire con fermezza e, siccome accompagnavo i “miei” SDI in mensa, raccomandai loro di comportarsi a modo (non ne potevano più) per non passare dalla parte del torto, e mi presentai alla distribuzione del rancio minacciando i miei colleghi dell’Esercito che se non avessero trattato bene “noi” della Marina avrebbero passato guai seri. Dovetti essere tremendamente convincente (forse mise paura il basco nero che avevamo solo noi tre) perchè da quel giorno la situazione cambiò in nostro favore. E radicalmente.
Nei giorni di franchigia, invece, si mangiava allo Spiedo d’Oro, in centro, il ristorante preferito dai nostri comandanti di Marina, oppure si andava sul Trasimeno o a Cortona.
La nostra postazione radio era in collina, non ricordo la località (forse Ada), ma ricordo che si passava da una casa dove c’era una signora e le sue figliole che ci facevano sempre il caffè.
La notte di Natale, lassù, organizzammo il Cenone con una porchetta ai ferri e tante altre bontà. Il nostro Comandante ci suonò, con l’armonica e con superba maestrìa, “Il valzer delle candele”, canzone che segna gli addii, perchè la nostra missione stava finendo. Non si sentiva nemmeno un respiro.
E alla fine disse che, se nessuno aveva messo in quel mese alcuna bomba, forse un po’ di merito era stato anche nostro.
Lo applaudimmo. E ci asciugammo gli occhi senza farci vedere.
Pier Carlo Capozzi